In Italia la povertà cresce, ma si spreca più cibo

Rapporto dell'Osservatorio Waste Watcher in occasione della Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare: il cibo che va perso in un anno ci costa mediamente 372 euro, per un totale di quasi 22 miliardi. Stoppani: "Clima culturale non favorevole per ridurre lo spreco alimentare".Rapporto dell'Osservatorio Waste Watcher in occasione della Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare: il cibo che va perso in un anno ci costa mediamente 372 euro, per un totale di quasi 22 miliardi. Stoppani: "Clima culturale non favorevole per ridurre lo spreco alimentare".
Gli italiani aumentano lo spreco alimentare e allo stesso tempo affrontano difficoltà nell'accesso a cibo sano e sostenibile. Questa contraddizione emerge dal Rapporto "Il caso Italia 2025", redatto dall'Osservatorio Waste Watcher International, presentato in vista della 12ª Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, che si celebra il 5 febbraio 2025. Il rapporto evidenzia un aumento del 13,95% dell’indice FIES di insicurezza alimentare, con un incremento della povertà assoluta, che nel 2023 ha colpito l’8,5% della popolazione italiana. L’insicurezza alimentare riguarda in particolare le famiglie del sud e del centro Italia, aree dove si registra anche un maggiore spreco domestico di cibo. Ogni anno ogni italiano getta in media 139,71 euro di cibo, con una stima complessiva del valore dello spreco alimentare di filiera che raggiunge i 14,1 miliardi di euro, di cui 8,2 miliardi derivano dallo spreco domestico. Nonostante la crescente consapevolezza, le abitudini emerse durante la pandemia si stanno perdendo. Tra gli alimenti più sprecati in casa figurano pane, frutta, verdura e insalata, a causa di confezioni sovradimensionate. La sfida per ridurre lo spreco alimentare, come richiesto dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è ancora aperta, con l’obiettivo di dimezzare lo spreco a 369,7 grammi settimanali per persona entro il 2030. Durante la presentazione del Rapporto, Andrea Segrè, fondatore della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, ha sottolineato l’importanza di ogni singola azione, invitando gli italiani a ridurre di 50 grammi di cibo ogni anno dal 2025 al 2029 per raggiungere l’obiettivo finale. L’iniziativa si avvale dello “Sprecometro”, uno strumento che aiuta a monitorare non solo lo spreco alimentare ma anche l’impatto ambientale legato al cibo scartato. La campagna ha il sostegno di numerose realtà, tra cui Confcommercio, Federalimentare, e diversi altri partner, con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema della sostenibilità e della lotta allo spreco alimentare.
Lollobrigida: "Ridurre lo spreco alimentare e puntare sulla qualità"
Il ministro dell'Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Francesco Lollobrigida, è intervenuto alla presentazione del Rapporto 'Il caso Italia 2025' dell'Osservatorio Waste Watcher International sullo spreco alimentare. Lollobrigida ha sottolineato l'importanza di "evitare gli sprechi, al di là delle produzioni, ridurre gli sprechi energetici, quelli che poi condizionano l'ambiente, ma anche ridurre lo spreco alimentare che è molto elevato e che deve essere contrastato con buone pratiche, elemento questo che permette di garantire un sistema alimentare più sano concentrandosi a nostro avviso sulla qualità, e ci sia attenzione a ridurre i costi senza sacrificarla".
Stoppani: "Fare un salto culturale e dare più valore al cibo"
Il Vicepresidente vicario di Confcommercio e Presidente Fipe, Lino Enrico Stoppani, è intervenuto alla presentazione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare per testimoniare l'ormai consueto sostegno del sistema Confcommercio. "Un anno fa, ci siamo separati con l'idea che il 2024 sarebbe stato un altro passo verso il raggiungimento degli obiettivi dell'agenda ONU 2030, in particolare per quanto riguarda la riduzione dello spreco alimentare. Questo riguarda principalmente l'obiettivo 12, che promuove consumi e produzioni responsabili (in particolare i target 12.1 e 12.3)". "Le grandi trasformazioni richiedono una visione chiara, una direzione, regole ben definite, investimenti, ma anche un contesto culturale che faccia sentire ognuno di noi parte di una sfida collettiva. Oggi, purtroppo, questo contesto sembra mancare. Un esempio significativo è un post di Elon Musk su X (ex Twitter), dove ha dichiarato che l’epoca della diversità, dell'equità, dell'inclusione è terminata". "È un periodo - ha detto Stoppani - in cui si mette in discussione l'efficacia delle istituzioni multilaterali, si promuovono politiche di tipo prima noi, si chiudono le frontiere e si alzano i dazi. In un ambiente così, temo che anche l’obiettivo di ridurre lo spreco alimentare, seppur perseguibile a livello nazionale, fatichi a trovare il clima culturale favorevole per il suo raggiungimento. I dati dell'Osservatorio lo confermano: lo spreco pro-capite è aumentato di oltre nove punti percentuali, il picco più alto degli ultimi quattro anni. Un dato preoccupante è che l'incremento maggiore si registra nelle regioni meridionali, tra i ceti più popolari, nei piccoli comuni e nelle famiglie senza figli, che non sono una minoranza nella struttura demografica del nostro Paese". "Fra le principali cause di spreco indicate dagli intervistati - ha aggiunto Stoppani - molti collegano il problema a come acquistano i prodotti. Noi, come settore della distribuzione, abbiamo una grande responsabilità, ma non possiamo affrontarla da soli. Una delle principali problematiche riguarda la confusione tra "consumare preferibilmente" e "scadenza" (TMC). È necessario superare questa confusione con campagne informative mirate, possibilmente a livello pubblico. Infatti, il 48% degli intervistati afferma che acquistare prodotti appena oltrepassati la data di TMC è una pratica che fanno per risparmiare. Questo dimostra che i consumatori sono consapevoli della possibilità di valutare i prodotti dopo il TMC, ma è una pratica difficile da adottare per ridurre lo spreco. Chi si farà carico di una comunicazione efficace su questo tema?" Secondo Stoppani, "l'investimento principale che dobbiamo fare riguarda il dare valore al cibo. Si tratta di un valore immateriale, simbolico, prima che economico. Se il cibo diventa solo una merce, la battaglia contro lo spreco è persa. In questo contesto, è fondamentale sottolineare l'importanza dei modelli di consumo e degli stili alimentari, che possono rappresentare una difesa contro la trasformazione del cibo in una commodity. La ristorazione può avere un ruolo importante nel rafforzare questo argine, essendo uno spazio di socializzazione e conoscenza del cibo, nonché di creazione di tendenze e modelli, a volte non sempre positivi. Occorre investire in cultura ed educazione alimentare per far emergere il valore della qualità, dell’importanza della conoscenza e di un consumo consapevole. La dimensione etica del cibo si esprime anche nella possibilità di portare a casa il cibo non consumato al ristorante. Su questo tema sono nate numerose iniziative, e mi permetto di spendere qualche parola in più". Stoppani ha sottolineato che "questa misura, prima di essere valutata per i suoi effetti pratici nel contrasto allo spreco, deve essere considerata per il suo valore simbolico ed educativo. Personalmente, credo che abbia un grande impatto nel sensibilizzare le persone e nel far apprezzare maggiormente il cibo. Un cittadino su due vorrebbe che i ristoranti consentissero di portare a casa gli avanzi. Voglio lanciare un messaggio chiaro: la stragrande maggioranza dei ristoranti già lo fa, anche se con un packaging funzionale. Tuttavia, è necessario un lavoro di comunicazione, poiché il 40% degli intervistati afferma che non viene mai proposto. E questo, vi assicuro, va ben oltre i risultati concreti che possiamo ottenere".