Gio, Mag 1, 2025

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Gli italiani hanno più risorse ma scelgono di non spenderle

Gli italiani hanno più risorse ma scelgono di non spenderle

Analisi “La questione dei consumi” dell’Ufficio Studi Confcommercio: la spesa pro capite non tornerà neppure nel 2026 ai livelli del 2007, e per fortuna che ci sono i turisti stranieri… Giù le stime di crescita: +0,8% nel 2025 e +0,9% nel 2026.

Alla ripresa economica continua a mancare un apporto incisivo dei consumi. È, in estrema sintesi, il quadro che emerge dall’analisi “La questione dei consumi” (link al documento in pdf), realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio e presentata nella conferenza stampa che ha aperto a Roma i lavori della ventiquattresima edizione del Forum “I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000”. Il potere di acquisto, per tornare subito in tema, sta crescendo più della spesa reale delle famiglie italiane e, di conseguenza, anche la propensione al risparmio: gli italiani, insomma, hanno più risorse ma scelgono di non spenderle. La spesa pro capite dei residenti (21mila euro nel 2024), pur in recupero rispetto al 2020 (18mila 600 euro), non tornerà neppure nel 2026 (21mila 500 euro) ai livelli del 2007 (21mila 600 euro). È un comportamento, da parte dei consumatori, influenzato anche dal ricordo di decenni di bassa crescita, con il corollario di crisi improvvise e di paure legate alla fiammata inflazionistica del 2022.

E per fortuna che c’è il turismo, che si si conferma una leva fondamentale: dal 1990 ad oggi le presenze turistiche straniere nel nostro Paese si sono infatti triplicate ed è proprio grazie alla spesa venuta da oltreconfine che i consumi sono in crescita.

Sulla debolezza dei consumi incidono anche le basse dinamiche di redditi e salari, con l’Italia che continua a pagare pegno rispetto ai principali Paesi europei, soprattutto a causa  di una produttività del lavoro molto più bassa (il prodotto per occupato in Italia è fermo da trent’anni…). Tenendo conto del costo della vita, il potere d’acquisto degli stipendi italiani resta del 26,5% inferiore rispetto a quello tedesco e del 12,2% a quello francese. Una differenza che possiamo limare tenendo presente che i contributi sociali in Italia sono più alti che in Germania e Francia, ma che resta comunque significativa (rispettivamente -16,5% e -11%).

E un quadro, quello appena delineato, che spinge Confcommercio a rivedere al ribasso le previsioni di crescita del Pil per il 2025 e 2026 con un +0,8% e un +0,9% rispettivamente. A pesare sono l’incertezza legata ai dazi, l’instabilità dei mercati finanziari e il timore di una perdita di ricchezza. Sono stime, anche se di poco, più ottimistiche rispetto a quelle del governo.

Per dare un vero impulso alla crescita, secondo il direttore dell’Ufficio Studi Mariano Bella“servono gli investimenti e le riforme contenute nell’agenda del Pnrr, ma anche un deciso alleggerimento del carico fiscale sul ceto produttivo”. Ma una vera ripartenza passa anche per la fiducia e “per costruirla, servono segnali chiari, continuità delle politiche economiche e la volontà di rimettere davvero al centro famiglie, imprese e consumi”.

L’analisi dell’Ufficio Studi si sofferma, infine, sui cambiamenti dei modelli di consumo negli ultimi vent’anni, che confermano il fenomeno della “terziarizzazione” dell’economia: rispetto al 2007 cala infatti la spesa per alimentari (-408 euro pro capite), abbigliamento (-92 euro) e trasporti (-765 euro), anche a causa dell’invecchiamento della popolazione, di una maggiore diffusione dei pasti fuori casa e del cambiamento nei modelli di mobilità. Crescono, invece, i settori legati al tempo libero, alla cultura e alle comunicazioni (+316 euro) e alla sanità (+112 euro).